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Un racconto a otto mani - Campo Biblico 2024

Pov: è il mese di Aprile e stai pensando a come organizzare la tua estate. Quest’anno il campo biblico sarà un pellegrinaggio sui luoghi della vita di San Giovanni Bosco. Ci pensi: è un pellegrinaggio, quindi zaino in spalla e parecchi chilometri al giorno da fare; è agosto, fa parecchio caldo; vieni da un anno di lavoro o da una sessione interminabile. Okay, ti iscrivi.


Così il 29 luglio siamo partiti, ognuno dalla propria città, e ci siamo messi in cammino. I primi due giorni li abbiamo trascorsi tra Castelnuovo don Bosco, dove Giovannino ha frequentato la scuola da ragazzetto, e Colle don Bosco, visitando la basilica, che ti accoglie col suo rivestimento in legno e la sua raffigurazione del Risorto, e la casetta de I Becchi. Lungo il cammino abbiamo incontrato la cascina Moglia e immaginato tra le vigne i momenti in cui Giovannino poteva studiare e confidarsi con don Calosso, suo “amico dell’anima”, prima guida spirituale. Sono i luoghi dell’infanzia e della crescita, i luoghi che hanno abitato l’immaginario del piccolo Giovanni Bosco e che hanno custodito il suo sogno di trasformare i lupi in agnelli. Nelle Memorie dell’Oratorio, che don Bosco lascerà ai suoi salesiani e ai suoi giovani, scrive che proprio con don Calosso scopriva per la prima volta cosa volesse dire “gustare la vita spirituale”: è parlando con lui che dirà di volersi fare prete “per avvicinarmi, parlare, istruire nella religione tanti miei compagni, che non sono cattivi, ma diventano tali, perché niuno di loro ha cura”.


A guidare i nostri passi ogni giorno era un capitolo della Genesi. La Parola di Dio ha guidato la nostra riflessione e la nostra preghiera, proprio con la stessa dinamica di quando si cammina: si va avanti un passo dopo l’altro, senza soffermarsi troppo su quanti chilometri restano. Per me è stato bello arrivare a fine giornata e, nonostante la mia impressione di non aver avuto molti momenti di silenzio, sentire che lo Spirito avesse continuato a lavorare in me attraverso gli amici e la vita del nostro caro don Bosco. Un passo dopo l’altro, scoprendo nuovamente ogni giorno che siamo figli benedetti dal Padre.


Siamo ora in cammino verso Chieri, è la prima grande tappa impegnativa e tutti insieme ci spostiamo verso una nuova sistemazione e andiamo alla scoperta della gioventù di Giovannino.

Camminando ci siamo messi in gioco l’un l’altro: un piccolo gioco di conoscenza ci ha permesso di confrontarsi a coppie ed entrare in relazione. È stato estremamente piacevole e arricchente sapere di camminare insieme in questi giorni di pellegrinaggio, e non solo. Proprio come Giovanni parlava del suo amico Luigi Comollo, conosciuto proprio a Chieri, con il quale instaurò un forte legame al cui centro è sempre stato il Signore.

Chieri rappresenta gli anni del discernimento, spesso ricordati- dallo stesso don Bosco- come ‘i migliori anni’. Abbiamo la possibilità di visitare la struttura del seminario e lì di ascoltare e meditare il brano della Genesi in cui il Signore fa visita ad Abramo e gli annuncia la promessa della discendenza.

“Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo.” (Gen 18, 2)

Abbiamo riflettuto sul passaggio, sulla bocca di Abramo, dal plurale al singolare rivolgendosi ai tre uomini fermi presso di lui; dell’arrivo inatteso del Signore, spesso nei momenti più ‘caldi’. È stato bello fermarsi nel cortile del seminario e raccogliersi in ascolto dello Spirito, probabilmente nei luoghi dove il giovane don Bosco trascorreva gran parte dei suoi silenzi negli anni del seminario.


Altro giorno, altro cammino. Di certo questo campo ci ha lasciato un insegnamento per la vita: non si finisce mai di camminare. "E quando le vostre gambe saranno stanche...camminate col cuore" diceva San Giovanni Paolo II. Mai questa frase fu più azzeccata che per questi giorni.

Don Bosco qui a Torino lo ha sperimentato. Proprio qui dove si è compiuto il suo sacerdozio e dove dunque si potrebbe credere che il suo cammino spirituale sia arrivato a compimento, egli mosse invece il primo passo. Un passo verso una strada nuova e antica, che lo aveva segnato sin dall’infanzia: quella con il Signore. Qui l’incontro con Bartolomeo Garelli nella chiesa di san Francesco d’Assisi e un Ave Maria che diede inizio a tutto. Un’amicizia verso un ragazzo di cui ancora non sapeva neanche il nome. Poi Valdocco: i giovani di Torino che chiedevano un amico e don Bosco che, senza sapere come, né con quali mezzi o risorse, per diventarlo diede tutto quello che aveva: sé stesso.


Un’umile tettoia di un certo signor Pinardi, un cortile, delle pietre poste una ad una dai ragazzi che lo abitavano; una Casa che ancora oggi si apre al mondo e lo accoglie. Qui la nostra ultima tappa del campo Biblico in cui le figure di Giacobbe e di Giuseppe il re dei sogni ci hanno accompagnato nelle nostre riflessioni. Il primo nel capire che la preghiera non è altro che un faccia a faccia con Dio, una lotta con Lui in cui vince chi nella lotta ci resta: chi Lo cerca e chiede il Suo nome. Il secondo nel comprendere che la prima relazione che dobbiamo cercare è quella con il Padre, solo così potremo commuoverci al Suo irrompere nelle nostre vite. Giuseppe meditava sui sogni, ci restava e li affidava. Così dobbiamo fare noi con i nostri desideri di pienezza: abitarli, custodirli e affidarli, a partire dall’incontro con Dio nella Parola e nell’Eucaristia.


Il momento centrale delle nostre giornate era proprio quello della Messa. L’ultima celebrazione del campo l’abbiamo vissuta all’interno della chiesa di San Francesco di Sales, per la cui costruzione hanno contribuito proprio i ragazzi di don Bosco. Un momento particolarmente forte per me è stato il canto finale: giullare dei campi. In poche note da una chitarra, delle voci e dei battiti di mani a ritmo, delle parole che continuano a riecheggiare nel tempo, ci ho rivisto la Valdocco di don Bosco. C’è un quadro posto presso l’altare dell’Immacolata che raffigura Domenico Savio e altri ragazzi in piedi, vicini alle panche della Chiesa. Mentre cantavamo il mio sguardo ne è stato catturato e lì ho pensato: “doveva proprio essere così quando c’eri tu”. Possiamo solo esserne grati.

Sono stati giorni pieni e ricchi di profondità e di gioia. Ripercorrere i passi della vita di don Bosco accompagnati dall’ascolto della Parola e nella forma di pellegrinaggio è stato una Grazia. Farlo in gruppo è stato un valore aggiunto che ci ha uniti a tal punto da ritagliarci momenti nostri di preghiera, l’uno per l’altro, conoscendo nuove persone o riscoprendone delle altre. Un valore aggiunto che ci ha permesso di ricordarci ancora una volta quanto un sogno di un bambino di soli nove anni, se affidato, possa unire molti più cuori di quanto si possa immaginare. Cuori e volti che camminano come te e con te verso un’unica meta (una sola): il Paradiso, ma con percorsi Unici (diversi e originali, scritti a quattro mani col Padre). Colpisce come nonostante il tempo passi il carisma salesiano continui a crescere. Un dono dello Spirito per tanti che continuano ad entusiasmarsi per la fede incarnata nel servizio dei giovani per altri giovani. Perciò sì, “l’antica fontana del grande cortile” non butterà più acqua ora, ma è ancora vero che tu “aspetti qualcuno che ancora racconti l’amore alla gioventù.”

Perciò possiamo solo dirti grazie perché, per un volere più grande, continui ad essere padre, maestro ed amico per tutti i giovani: quelli di ieri e quelli di oggi.

Gaia Greco, Mattia De Santis, Sara Loffredo




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